Parole per descrivere emozioni sconosciute

Per ritrovare il respiro quando gli eventi della vita fanno serrare la gola e piegare le ginocchia è necessario trovare le parole adatte per descrivere ciò di cui si sta facendo esperienza. L’ansia e il panico sono quasi sempre eventi inaspettati. Spesso mi sento dire “non pensavo che mi sarei sentita così”, oppure ancora “non capisco cosa mi sta succedendo”. Trovare uno spazio sicuro e calmo aiuta a guardare al caos per trovargli un senso e, in questa sua narrazione, le risorse che ogni persona ha per passarci attraverso, anche con dolore, ma senza terrore.

Cominciare a giocare con le parole, inventarne di nuove, come racconta John Koenig in questo TED, è un buon modo per dare la possibilità a qualunque esperienza di essere raccontata.

I bambini perfetti non esistono. Alcune considerazioni sui “vizi”

Molti genitori spesso si interrogano su come modulare i propri comportamenti per crescere i figli lontani dai “vizi” “così da evitare di rimanere intrappolati nelle tirannie dei propri cuccioli.

A mio avviso è importare ricordare che la parola vizio deriva dal latino vitium che significa difetto, magagna sia essa fisica che emotiva. Dando per scontato che crescere un bambino senza difetti non è umanamente possibile, facciamo un po’ di chiarezza su alcune delle “cattive abitudini” più comunemente chiamate vizi che i bambini potrebbero ap-prendere.

Mi preme qui ricordare che fino a 20 anni fa di come i bambini comprendessero il mondo o dei loro reali bisogni si sapesse davvero poco e che quindi le vecchie indicazioni o preoccupazioni che spesso sono gridate a gran voce dai nonni non trovano, grazie alla ricerca contemporanea, alcun fondamento scientifico.

Ogni età poi ha paure specifiche che derivano dalle tappe evolutive e dagli sviluppi linguistici e cognitivi già raggiunti dal bambino. In linea generale si può dire però che le fasi di transito sono spesso accompagnate da comportamenti che possono essere vissuti dai genitori come faticosi soprattutto se malamente compresi come innaturali, come il risultato di un fallimento educativo o ancora come un “vizio” preso che va debellato.

Vizio numero 1: quanto devo tenere in braccio il pupo?

E’ importante qui ricordare che tenere in braccio un bambino non deve essere una forzatura per nessuna delle parti in causa. Se una mamma in certi momenti non si sente a suo agio in questa dimensione di pelle a pelle è bene che non vada oltre il suo piacere così da evitare l’invio di segnali contraddittori al proprio bambino. Lo stesso può valere nei confronti di quei bambini ipersensibili che spesso nei primi 3-6 mesi di vita possono trovare difficile un contatto ravvicinato o troppo prolungato. Detto questo le ultime ricerche e le osservazioni fatte sulle coppie mamme bambini, seguite nel tempo, hanno dimostrato che i bambini tenuti a lungo in braccio, nelle fasce o nei marsupi tendono a essere più sicuri e desiderosi di esplorare autonomamente il mondo intorno a loro e di avere meno difficoltà nella fase di separazione dalla mamma.

E’ normale però che nelle fasi di transizioni ci possano essere un po’ di proteste. Proprio perché i bambini sono rassicurati dalle routine trovo assolutamente normale e anche ragionevole che protestino quando è il genitore a proporre un cambiamento. Nella maggior parte dei casi però quello che mette in atto un genitore non è un atto abbandonico, ma un riconoscere e dare fiducia ai piccoli traguardi di crescita raggiunti dal proprio bambino e insegnargli a reggere la frustrazione che ogni nuovo apprendimento porta. E’ un po’ come se gli stesse dicendo “Io ti conosco bene e  lo so che sei già capace a girarti sul fianco, autoconfortarti, addormentarti da solo, prendere un libro, giocare un po’ da solo (per citare alcune delle fasi di transito), ho fiducia in quello che sai fare”.

Questo permette ai bambini di sperimentare le nuove capacità appena acquisite e di imparare a reggere la frustrazione e la fatica dell’apprendimento per l’immensa soddisfazione che lo sperimentare di esserci riusciti porterà. Potete facilmente immaginare l’immenso valore che  un insegnamento di questo tipo può avere per il futuro adulto che avete davanti a voi.

Ci sono poi i momenti difficili come le esperienze di dolore sia fisico che emotivo. La vicinanza fisica, lo stare in braccio ha qui un enorme effetto rassicurante per due motivi: primo perché nella percezione del bambino il proprio genitore ha poteri assoluti sul funzionamento del mondo ed è quindi in grado di far scomparire il dolore in un batter di ciglia, e secondo perché questa vicinanza fisica innesca produzione di ossitocina, l’ormone responsabile di farci sentire calmi un po’ come dei monaci zen e che certamente aiuta a tollerare meglio il dolore.

Quindi se succede che il vostro bambino sta mettendo i primi denti, sperimenta quanto sia difficile respirare o dormire con la tosse e il raffreddore o scopre che quando si cade ci si può morsicare un labbro o sbucciarsi un ginocchio e scoprire il gusto del sangue e come conseguenza di ciò si appiccica  a voi come una patella sullo scoglio della salvezza, va bene così. Nessun vizio o magagna o comportamento tirannico potrà svilupparsi se asseconderete le sue richieste.

Vizio numero 2: Non può avere tutto ciò che vuole!

Un altro grande fraintendimento sui vizi dei bambini riguarda il desiderio verso gli oggetti che li circondano.

Spiego meglio. Molti genitori sono preoccupati che se “cedono” alle richieste dei loro bambini, questi potranno sviluppare una svariata sequenza di comportamenti problematici come ad esempio volere “sonoramente” tutti ciò che vedono, credere e pretendere che Babbo Natale venga tutti i mesi, e più in là di non saper dare il giusto valore alle cose e alle fatiche fatte dagli altri per loro. Anche in questo caso la paura del vizio va tradotta in altri termini. C’è spesso un fraintendimento di base su ciò che il bambino sta comunicando quando indica un oggetto al proprio genitore aggiungendo le parole “mio” e/o “voglio”. In fondo questi bambini non stanno facendo altro se non proseguire in maniera autonoma ciò che i genitori hanno fatto nei primi mesi della loro vita per tradurre in parole gli oggetti che vedevano intorno a loro: una foglia, un albero, un cane, un libro, un paio forbici, ecc.

In realtà i bambini stanno solo dicendo “ehi papà, ehi mamma visto ho imparato. quello è un albero, quello è topolino, quello è palla e siccome non so ancora dire mi piace dico voglio o mio. Scusate il fraintendimento!”

E’ poi importante ricordare anche qui che i bambini faticano a reggere gli ambienti iperstimolanti come i supermercati, i negozi di giocattoli etc perché non sono ancora capaci a focalizzarsi su qualcosa soprattutto se non lo trovano interessante per loro. Preda della loro attenzione fluttuante è normale che corrano tra una corsia e l’altra prendendo qualunque cosa luccichi come il cioccolato o abbia sopra animali come i cereali iperzuccherati o che possono riconoscere perché ne hanno fatto esperienza altrove come le bottiglie. Può essere utile in questi casi aiutarli a concentrarsi su qualcosa come mettere le arance nel sacchetto, scegliere tra due pacchi di biscotti già selezionati da voi e raccontare una storia o cantare insieme le filastrocche preferite in fila alla cassa. Certo che può essere faticoso per un genitore che ha alle spalle una giornata di lavoro trovare le energie per fare questo, ma è sicuramente meno pesante e decisamente più gratificante che ingaggiare una guerra di no e contenimento di urla furibonde.

Vizio numero 3: Ha troppi giochi e i bambini in Africa muoiono di fame.

Un altro genere di vizio che spesso preoccupa i genitori è quello sugli oggetti e la quantità di giochi che un bambino dovrebbe o no possedere, come se il numero, la quantità  di questi fosse in grado di insegnargli il valore delle cose.

L’oggetto diventa un problema solo se è la rappresentazione simbolica di un’assenza perché il bambino non sa bene come tradurre questo copione e forse utilizzerà proprio gli oggetti per manifestare la sua rabbia per la poca disponibilità del genitore a passare del tempo con lui.

Senza una base sicura è come se i bambini rimanessero appesi, incollati al loro oggetto transizionale, trovando quindi una rassicurazione  più nelle cose che nelle persone, ma a bene vedere questo copione lo hanno proposto i genitori per primi.

Con questo non voglio dire che ci debba essere una negazione dei propri bisogni o piaceri da parte dei genitori, ma che sia necessario dedicare un tempo e uno spazio anche se breve protetto dalle invasioni esterne come conversazioni telefoniche, sbirciate al computer o al cellulare per controllare le email ecc.

Infine un’indicazione che trovo importante sempre dare è di evitare di utilizzare paragoni con bambini in difficoltà come leva motivazionale o come insegnamento per dare valore alle cose.

Mi spiego meglio: dire ad un bambino che deve mangiare tutta la minestra perché in Africa ci sono bambini che muoiono di fame è una gran fregatura che prima o poi si ritorcerà contro l’ignaro genitore. Quando il bambino crescendo capirà che se anche lui finisce tutte le pietanze che non gli piacciono i bambini in Africa continueranno a morire di fame sperimenterà la spiacevole sensazione di essere stato ingannato e siccome l’inganno arriva dal suo dio, dal suo super eroe che tutto sa e tutto controlla sarà per lui un’esperienza davvero spiacevole. Meglio coinvolgerlo in quello che gira intorno alla preparazione dei pasti, dalla scelta dei cibi al mercato alla loro preparazione in cucina, sarà un po’ impegnativo per tutto il cibo che mani ancora poco coordinate spareranno in giro per tutta la cucina, ma otterrete migliori e durevoli risultati.

Stesso discorso vale per i giocattoli. Se davvero nonni e zii sono stati presi da una crisi di shopping compulsiva nelle vacanze appena passate e nella camera del vostro bambino quasi non c’è più posto neanche per lui, potete scegliere insieme da quali giochi si può separare e sempre insieme portarli in parrocchia o nel luogo che decidete essere più adatto. Non fateli mai sparire, anche se non ci giocano da mesi perché se di mesi ne hanno più di 18 mesi prima o poi ne noteranno l’assenza, e poi come li convincerete che i mostri sotto al letto non ci sono?

Un po’ di bibliografia

Françoise Dolto. Come allevare un bambino felice e farne un adulto maturo, Milano, Mondadori, 1992

Françoise Dolto. I problemi dei bambini, Milano, Mondadori, 1995

Fraiberg S, Adelson E, Shapiro V (1975). Ghosts in the nursery. A psychoanalytic approach to the problems of impaired infant-mother relationships. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 14(3), 387–421

Selma H. Fraiberg, The Magic Years: Comprendere e gestire i problemi della prima infanzia (Paperback 1996)